ORFANI, l'ennesima opinione (non richiesta) sul nuovo fumetto Bonelli


Ha richiesto più di quattro anni di lavorazione, con investimenti senza precedenti per un fumetto italiano. 
Questo fa di ORFANI, la nuova testata Bonelli a firma Recchioni/Mammucari, di per sé già un successo.
Mi spiego: chi investe, chi ci crede, chi almeno prova a fare qualcosa di nuovo (nella forma o nella sostanza) ha, da subito, il mio rispetto.

Detto questo, su internet se ne stanno dicendo di tutti i colori (è il caso di dirlo!) circa la sua originalità e l'effettiva innovazione che esso rappresenta.
Non mi voglio soffermare più di tanto sulla trama; in pratica si sapeva già mesi prima e con l'uscita del primo numero c'è stato poco o niente di nuovo.
L'ambientazione è puramente Sci-Fi, una terra distopica devastata da un attacco alieno, degli orfani di guerra vengono addestrati per diventare dei super-soldati con tanto di armature e nomi tattici che li caratterizzano e bon.
È tutto questo originale?
La risposta è "cosa intendiamo per originale?"


Un albo Bonelli, con le sue classiche 94 paginette, interamente a colori (che, mi si permetta di dirlo, sono applicati in maniera decisamente superiore alla media dai bravissimi Lorenzo De Felici e Annalisa Leoni) per una serie regolare, ossia non un numero speciale, non una miniserie, È GIA' una piccola rivoluzione. A 4,50€ poi, è anche conveniente a livello di qualità/pagine/prezzo.
La "confezione" di ORFANI, quindi, è eccellente sotto ogni profilo, non ultime le splendide copertine di Massimo Carnevale, di cui si può già ammirare quella del terzo numero.




Ma la sostanza?
Roberto Recchioni come persona è un po' come Silvio Berlusconi: o si ama o si odia .
Mentre il suo citazionismo è ben noto ed è come il "pesce-ratto": può piacere o non piacere; a me personalmente, in dosi non massicce, piace.
C'era in quel John Doe che sfidava tutti i canoni del fumetto popolare, c'è in questo ORFANI.

Per quest'ultimo lavoro attinge a piene mani dalla fantascienza videoludica (Halo n.d.r.), da quella cinematografica (Starship Troopers n.d.r.) e, mi dicono, da un mucchio di altra roba che io nemmeno conosco.
Fu vera gloria?
Chiedetelo a James Cameron.

Quello che voglio dire, è che quando ho finito di leggere ORFANI e dopo aver letto tutti i flame di aspre critiche o di lodi estatiche, mi è venuto in mente che "l'operazione Orfani" è un po' come l'operazione AVATAR: un prodotto studiato a tavolino non particolarmente originale, tecnicamente ineccepibile e soprattutto FATTO PER PIACERE.

Avatar risulta ai limiti dell'imbarazzante per come copia la trama di Pocaonthas, ma riuscireste a dire che non è un gran film? Io no.
Orfani è lo stesso, anzi non è nemmeno così spudorato in quanto gli elementi presi da altrove vengono amalgamati in qualcosa che è "altro", e non soltanto ristampati cambiando i colori o riscritti usando sinonimi.

Nemmeno Roberto Recchioni fa mistero del fatto che non si volle cercare l'originalità scrivendo questo fumetto, quindi le chicchere stanno a zero.
La "rivoluzione", mi dispiace deludere chi sostiene il contrario, è già avvenuta per diversi motivi: il formato e la tecnica del colore ai massimi livelli, come ho già detto; ma anche la campagna marketing presso Game Stop e quella fatta sul web; per non parlare degli enormi investimenti ...
Insomma, se tutto questo non funziona, sarà sì colpa del prodotto che evidentemente non avrà riscontrato il gusto del pubblico (ma ne dubito), ma si dovrà anche prendere atto che c'è una crisi endemica del settore che a nulla serve combattere e che vale la pena forse solo aspettare che passi per riproporre qualcosa di nuovo, mentre si cerca di tenersi care vecchie glorie come TEX e DYLAN DOG, magari dandogli "una nuova vita".

Orfani si legge in poco tempo, scorre bene.
Questo, a differenza di quello che si crede, non è un difetto perché "ho speso 4,50€ e mi dura poco", ma anzi un grosso pregio.

Che quando finiamo di mangiare un piatto buonissimo in poco tempo, non ci lamentiamo perché l'abbiamo pagato tanto, ma perché ne vorremmo ancora.


"OGNI MALEDETTO LUNEDÌ (SU DUE)": Ovvero perché ci piace Zerocalcare.




Un breve riassunto per quei (pochi) che si accingono a leggere questa recensione su Zerocalcare pensando che si tratti di un’azienda concorrente del Calgon o di prodotti simili per la lavatrice.
Zerocalcare è il nome d’arte di Michele Rech, classe 1983, nato in dicembre (come tiene a sottolineare lui stesso in una striscia), fumettista per passione dalle scuole superiori.
Per citare la piccola biografia riportata sulla terza di copertina di tutti i suoi libri editi fino adesso:

“[…] ha collaborato con il quotidiano Liberazione (chiuso), i mensili XL di Repubblica (spazio underground, chiuso), Canemucco (chiuso) e la divisione on-line della DC Comics, Zuda.com (chiusa).
Tra le collaborazioni che non è riuscito a far chiudere c’è l’annuale antologia del fumetto indipendente Sherwood Comix, la Smemoranda, le riviste Mamma! e Internazionale”.

Il vero e proprio esordio che lo consegna al mainstream fumettistico italiano, però, avviene con il suo primo libro dal titolo La profezia dell’Armadillo, prodotto da Makkox nel 2011, altro brillante vignettista che potete leggere principalmente sul sito d’informazione Il Post.
Ristampato cinque volte, il volume è finalmente notato da BaoPublishing che nel 2012 ne pubblica una versione a colori, anch'essa rapidamente esaurita. Nel frattempo Zerocalcare apre un blog dove pubblica, a settimane alterne, storie autobiografiche all'interno delle quali troviamo i più disparati personaggi della cultura pop o dell’immaginario collettivo che accompagnano il protagonista impersonando, di volta in volta, i diversi lati del suo carattere (Margareth Tatcher/senso del dovere, il maestro di Sirio il Dragone/buonsenso ecc...).
Il blog registra migliaia di contatti giornalieri e Michele raggiunge in tempi brevi una popolarità sorprendente, anche tra chi di regola non legge fumetti.
Al suo secondo libro"Un polpo alla gola", segue "Ogni maledetto lunedì (su due)" da pochi giorni il libreria, che raccoglie le tavole pubblicate sul blog e non solo.

Fatta questa doverosa premessa, partendo proprio da quest'ultimo libro vorrei provare a descrivere i motivi per cui Zerocalcare ci piace.
Tra tutti è stato quello che mi ha stupito maggiormente, nonostante molte tavole le avessi già lette.
Il libro è Infatti condito di due ulteriori storie: una che si sviluppa orizzontalmente intercalandosi ai singoli episodi di cui è composto come una sorta di fil rouge; l’altra intitolata “A.F.A.B.”, pubblicata per la prima volta nel 2011. Entrambe a colori, si contrappongono al bianco e nero del resto delle tavole.
L’autore si muove su due piani paralleli: uno che ci fa sorridere e divertire non poco; l’altro fa riflettere e addirittura arriva a toccarci profondamente.
In “Ogni maledetto lunedì (su due) ” accade così, all'improvviso  di trovare una storia che racconta le vicende del G8 dal punto di vista di Michele e dei suoi amici, “A.F.A.B.” appunto.
Non me lo aspettavo.
Due pagine prima stavo ridendo, e due pagine dopo mi trovavo a riflettere su una frase amarissima e al contempo molto efficacie che descrive lo stato delle cose (e delle persone) che contraddistinse quei giorni tristi per la democrazia nel nostro Paese.
Poi di nuovo a ridere con Zerocalcare e il suo armadillo, che dovrebbe rappresentare la sua controparte a volte più razionale, a volte fuori di testa e irresponsabile.
Episodi di cinque, sei tavole che dispiegano tutta l’abilità di story-telling dell’autore e soprattutto la sua autenticità. L'autore ci racconta e si racconta in una maniera immediata, semplice, con riferimenti ai cartoni animati anni ’80, ai film e ai fumetti più famosi, umanizzando personaggi che reciteranno, di volta in volta, la parte della saggezza, dell’intemperanza o del senso del dovere del protagonista (e ai quali verrà messo in bocca il dialetto romanesco anche quando a parlare sarà, ad esempio, Luke Skywalker).



La storia principale, invece, non mostra subito il suo significato, ci mettiamo un po’ a capire cosa “Calcare” voglia dirci, ma a poco a poco, ci ritroviamo a naufragare (è il caso di dirlo) in un’amara metafora di noi, della vita, ma soprattutto del nostro paese. E anche questo è un fenomeno inaspettato: insomma, stiamo leggendo strisce umoristiche, cosa c’entra questo sentimentalismo, tra l’altro non proprio positivo?
In letteratura si dice che quando un autore riesce a interpretare al meglio il suo tempo con le sue opere, esso è un grande autore.
L’impressione che questo libro mi ha dato è la medesima.
Michele riesce ad alternare sentimenti contrastanti come solo i fumettisti navigati sanno fare. Consiglio di partire proprio da quest'ultimo libro se volete immergervi nell'umorismo pop di Zerocalcare, perché ripropone in cartaceo tutte quelle storie che, di fatto, l’hanno portato al successo attraverso il blog.
E non mi rivolgo solo ai quasi-trentenni di oggi, che si abbeverano alle fonti distillate da George Lucas o Go Nagai (per loro non comprarlo non è solo un’occasione persa, bensì sacrilegio); ma anche a chi non ha mai sfogliato un libro a fumetti in vita sua.
Compratelo, regalatelo e fatelo leggere, non ve ne pentirete.


          
  • Autori: Zerocalcare
  • Genere: Cronache dell'adolescenza lunga
  • Formato: Brossurato 17 x 24
  • Pagine: 216
  • Prezzo: € 16.00
  • ISBN: 978-88-6543-155-9

UTOPIA: serie UK e teoria del complotto

















Sotto consiglio di una collega mi sono avvicinato a questa nuova serie inglese ancora non andata in onda in Italia: UTOPIA.

Premetto di non essere un accanito fan di serie UK, e che al mio attivo ho solo la visione di “Life on Mars” e dello scontato “Doctor Who”; detto ciò, ogni volta che mi sono avvicinato a una di esse, sono stato sempre piacevolmente sorpreso.

UTOPIA in breve: se siete amanti della “teoria del complotto”, se credete che forze occulte appartenenti a un’oligarchia mondiale tengano in mano le sorti del nostro pianeta, economicamente ma non solo, questa serie fa per voi.
Tutto parte dalla graphic novel “The Experiment Utopia” e dal mistero che avvolge il suo autore, morto in una clinica psichiatrica.
Su un forum dedicato all’opera si incontrano Becky, Ian, Wilson, Grant e Bejan; quest’ultimo fa sapere agli altri che è in possesso del manoscritto inedito della seconda parte della graphic novel.
Essi decidono allora di incontrarsi di persona per visionare il manoscritto: inutile dire che qualcuno non arriverà all’appuntamento.
Infatti sembra che questi disegni rivestano una particolare importanza anche per una misteriosa organizzazione mondiale chiamata “Il Network”.
Parallelamente alla vicenda dei ragazzi del forum, la serie segue anche quella di Michael, dirigente del Ministero della Salute, che viene ricattato affinché usi la sua posizione per convincere il governo ad acquistare dei vaccini, apparentemente inutili, per una fantomatica influenza russa.

Da sottolineare altri due personaggi, francamente i più carismatici insieme a Grant (che ha solo undici anni!): il killer Arby  e Jessica Hyde.
Arby è il primissimo personaggio che incontriamo insieme a un suo “collega”, Lee; Jessica Hyde è il suo obbiettivo.
Arby è allucinato, mezzo zoppo, uccide a sangue freddo senza fare una piega ed è assolutamente inquietante. Alle sue vittime rivolge una sola domanda, come un disco rotto: “Where is Jessica Hyde?”.
Jessica è invece colei che sembra sapere tutto del mistero di Utopia, e infatti è in fuga dall’età di quattro anni. Per questo motivo sa bene come muoversi contro il Network e guiderà la fuga dei protagonisti.
Pro e contro: sicuramente Utopia intriga, e parecchio; è ben fatto, senza uso di particolari artifici scenici riesce a dare l’idea di “cospirazione globale” e presenta dei protagonisti in gran parte convincenti.
Certo, come molte delle ultime produzioni post-lost (Abrams ha dettato la linea esattamente come fece Lynch ai tempi di Twin Peaks), la serie si basa sul colpo di scena, sullo spaesamento dello spettatore e questo può alla lunga paradossalmente stufare.
In Utopia quest’aspetto non è del tutto abusato, almeno non ancora, personalmente sono a metà della serie che è composta di soli sei episodi.
Altra nota positiva è l'adattamento sonoro: l'azione è spesso sottolineata da piccoli temi che si discostano dalle classiche campionature, contribuendo a dare al tutto un'atmosfera a volte surreale.

Ci sono così tante nuove serie USA ogni anno, che segnalare qualcosa di poco conosciuto o comunque non pubblicizzato che proviene da qualche altro paese diventa quasi un obbligo.

Dateci un’occhiata.

Lucio